Editoriale

03 Ott

2016

Il prezzo del figlio

Di fronte ad un bambino che nasce non si può che gioire, anche se non ci si può sempre rallegrare per le modalità e il senso che assumono.

Tobia Antonio non è il primo bambino nato grazie alla maternità surrogata (termine tecnico per non usare “utero in affitto”), una pratica illegale in Italia ma non in qualche altro Paese. Non sarà nemmeno il primo bambino cresciuto da una coppia omosessuale perché in Italia vi sono già altri casi autorizzati dal Tribunale dei Minori. Tutto bene quindi? Niente affatto.

Un primo rilievo critico – secondario ma non troppo – va fatto nei confronti di chi, personalità di riferimento politico e istituzionale, ha tranquillamente bypassato la legislazione dello Stato grazie anche a disponibilità economiche non comuni.

Ma la riserva più seria e decisa deve essere sollevata nei confronti della surrogazione della maternità (a pagamento o meno).
Il legame affettivo, intimo, profondo che si crea tra un bimbo e la madre durante i 9 mesi della gestazione non può essere ignorato e annullato da clausole contrattuali, e nemmeno in virtù di una estrema generosità della donna nei confronti dei terzi ai quali potrebbe voler donare il nascituro.

Non si mette in discussione le possibili attitudini genitoriali di una coppia omosessuale. Il punto è che non tutto ciò che la scienza consente corrisponde necessariamente anche al bene delle persone.
Occorre comprendere che la paternità e la maternità sono desideri legittimi che però non possono essere soddisfatti a qualunque costo e con qualunque mezzo. Avere un figlio è impegnativo ma non può essere il frutto di scambi biologici ed economici.

Avere un figlio non ha e non può avere un prezzo. Anche se può essere doloroso e difficile, accettare e arrendersi di fronte alla propria impossibilità o incapacità a generare – capita anche a molte coppie eterosessuali – non rende meno adatti e capaci di amare un bambino.

Ma ottenere un figlio attraverso un gesto compiuto pensando esclusivamente al proprio desiderio di amare non può essere spacciato per amore. Ciò che non considera il bene dell’altro ma gli impone la propria volontà si chiama egoismo. Il rischio che si crei una pericolosissima frattura tra processi biologici e dinamiche affettive è altissimo e la vicenda di Tobia Antonio ne è un esempio.

Come si può pensare che l’utero della madre surrogata agisca semplicemente come una provetta? Come non vedere il rischio (tutt’altro che ipotetico) di sfruttamento economico del corpo della donna? Come si potrà negare a Tobia Antonio di conoscere il volto della ovodonatrice alla quale si renderà conto di assomigliare? O di abbracciare la donna che lo ha partorito? Basterà il sincero affetto della coppia adottiva a colmare il disorientamento e il senso di abbandono che potrà sorgere in Tobia Antonio quando vorrà conoscere i particolari della propria nascita? Quali le ripercussioni psicologiche sulla costruzione della sua identità?

In definitiva, se anche potessimo accettare che sia lecito avere un figlio a qualsiasi costo e con qualsiasi mezzo, vorremmo prima avere una risposta certa a questa domanda: qual è il prezzo che paga il figlio?

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